Il personale sanitario a cui sia stata sospesa la pensione di vecchiaia per aver accettato un incarico a tempo determinato potrà optare per il ripristino della pensione a partire dal 1° giugno 2021 in luogo dell’erogazione dello stipendio. Lo rende noto l’INPS nella Circolare n. 172/2021 in cui spiega gli effetti della novella contenuta nell’articolo 34, commi 8 e 9, del del n. 73/2021 convertito dalla legge n. 106/2021 (cd. decreto sostegni bis). Per ottenere il ripristino occorrerà una dichiarazione al datore di lavoro (azienda sanitaria) che provvederà ad inoltrarla all’INPS.

Incarichi a tempo determinato

La novità principale riguarda gli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 3-bis del dl n. 2/2021. La disposizione in argomento consente, infatti, dal 13 marzo 2021 alle aziende sanitarie e socio-sanitarie di conferire, con scadenza non oltre il 31 dicembre 2022, incarichi retribuiti al personale sanitario collocato in quiescenza avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia. In deroga alla disciplina generale, che consente la cumulabilità della pensione con i redditi da lavoro, l’ultimo periodo del medesimo articolo ha stabilito che il trattamento previdenziale per le mensilità per cui l’incarico è retribuito viene sospeso.

L’articolo 34 del dl n. 73/2021 consente al personale in questione di optare per la pensione di vecchiaia o la retribuzione relativa a detto incarico. Ne consegue che ove il trattamento previdenziale risulti superiore il personale potrà tenersi la pensione rinunciando alla retribuzione derivante dall’incarico.

L’opzione va resa dal diretto interessato all’azienda sanitaria e trasmessa da questa all’INPS che provvederà, nel caso, al ripristino della pensione a decorrere dal mese successivo a quello durante il quale il pensionato ha percepito la retribuzione. Siccome la facoltà di scelta non può avere decorrenza anteriore al 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del dl n. 73/2021) il ripristino della pensione potrà aversi a partire dal 1° giugno 2021 in poi.

In caso contrario la pensione continuerà ad essere sospesa per tutta la durata dell’incarico, salvo diversa comunicazione da parte del datore di lavoro qualora l’incaricato opti per il trattamento pensionistico in luogo della retribuzione.

Incarichi di lavoro autonomo

La seconda novità riguarda gli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 2-bis del dl n. 18/2020 convertito con legge n. 27/2020 (cd. decreto cura Italia). La disposizione da ultimo richiamata ha stabilito che per fare fronte all’emergenza da COVID-19, a decorrere dal 30 aprile 2020, Regioni e Province Autonome possono conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, nei confronti dei dirigenti medici, veterinari e sanitari, nonché del personale del ruolo sanitario del comparto sanità e degli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza. Agli incarichi in questione non si applica l’incumulabilità tra i relativi redditi e il trattamento pensionistico c.d. “Quota 100“. Per effetto dell’articolo 1, co. 423 della legge n. 178/2020, gli incarichi possono proseguire nell’anno 2021, anche mediante proroga, e non oltre il 31 dicembre 2021.

Fino a tale data, i relativi redditi percepiti continuano a essere cumulabili con il trattamento pensionistico c.d. quota 100, oltre che con tutte le altre tipologie di pensione (es. pensione di vecchiaia e anticipata) già cumulabili ai sensi della normativa generale. L’incumulabilità reddito/pensione resiste solo per il trattamento previdenziale dei lavoratori precoci (41 anni di contributi) nonché per l’Ape sociale.

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