L’applicazione o la disapplicazione del massimale della base pensionabile e contributiva rimane per tutta la vita del lavoratore. La prima data di iscrizione alle forme di previdenza obbligatorie continua a rimanere valida a tali fini anche dopo il conseguimento del trattamento pensionistico. Lo fa sapere l’Inps nel messaggio n. 3748/2024 in conseguenza di un chiarimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In caso di rioccupazione o di prosecuzione del rapporto di lavoro dopo la pensione l’assicurato, pertanto, non resta soggetto all’applicazione del massimale se ha contribuzione anteriore al 1° gennaio 1996.

I chiarimenti riguardano l’applicazione del massimale della base pensionabile e contributiva di cui all’articolo 1, co. 18 della legge n. 335/1995. Come noto i lavoratori in possesso di una qualsiasi anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 in una forma di previdenza obbligatoria (cd. «vecchi iscritti») valorizzano in pensione tutta la retribuzione annua pensionabile pagando i rispettivi contributi previdenziali. I soggetti, invece, privi di anzianità assicurativa al 31 dicembre 1995 (cd. «nuovi iscritti») sono soggetti ad un massimale che per l’anno 2024 vale 119.650€. Il massimale opera nel senso che la quota di retribuzione eccedente non è soggetta al versamento dei contributi né è utile ai fini previdenziali. Si rammenta che ai fini dell’accertamento dell’anzianità al 31 dicembre 1995 si conteggiano anche i periodi presso le casse professionali e nel regime previdenziale dell’Unione europea o nei singoli regimi previdenziali dei vari Stati membri o dei Paesi convenzionati con l’Italia in materia di sicurezza sociale.

L’Inps spiega che, a seguito di parere del Ministero del Lavoro, la data di prima iscrizione del lavoratore continua a rimanere valida ai fini dell’applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile anche qualora per tali periodi sia stato conseguito un trattamento pensionistico. Ciò significa, ad esempio, che un lavoratore titolare di un trattamento pensionistico che si reimpiega in attività di lavoro dipendente sarà comunque non soggetto al massimale (e quindi verserà contributi anche sulla quota di retribuzione pensionabile eccedente i 119.650€ annui in relazione al nuovo impiego) se è in possesso di anzianità al 31 dicembre 1995 ancorché questa sia stata utilizzata per la liquidazione del trattamento.

L’interpretazione del Ministero è destinata a creare confusione. La rioccupazione dopo la pensione è, infatti, trattata come una sorta di azzeramento della situazione assicurativa precedente del lavoratore. Con Circolari 58/2016 e 184/2015 l’Inps ha precisato che, ai fini della valutazione dell’anzianità contributiva posseduta al 31 dicembre 1995 e della conseguente determinazione del sistema di calcolo da adottare e dei requisiti di accesso alla pensione, debba essere presa in considerazione la sola contribuzione, versata o accreditata nella gestione assicurativa in cui viene liquidata e, quindi, si calcola la pensione, purché non ancora utilizzata.

Con la precisazione del Ministero, in sostanza, questa regola non si estende anche al massimale della base contributiva e pensionabile che continuerà a trovare applicazione a prescindere dalla liquidazione del trattamento pensionistico.

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