Al via l’incentivo per il posticipo del prepensionamento a favore dei dipendenti, pubblici e privati. Chi, avendo i requisiti, rinuncia ad andare in pensione con «quota 103», può intascare, in aumento dello stipendio, la trattenuta contributiva operata dal datore di lavoro in busta paga. L’incentivo, previsto dall’art. 1, co. 286-287 della legge n. 197/2022, è disciplinato dal decreto 21 marzo 2023, apparso in GU n. 110/2023. Tra l’altro, il decreto stabilisce che la facoltà può essere liberamente revocata dal lavoratore sino al raggiungimento dell’età di vecchiaia (cioè, di regola, 67 anni).

L’agevolazione, come accennato, interessa i lavoratori dipendenti, del settore pubblico o privato, che abbiano raggiunto, o che raggiungano entro il 31 dicembre 2023, i requisiti per la cd. «Quota 103» (cioè 62 anni di età e 41 anni di contributi). Non può essere, quindi, chiesta dai lavoratori che abbiano raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (es. 42 anni e 10 mesi di contributi) ove sia assente il requisito anagrafico di 62 anni.

Consiste nella facoltà di chiedere al datore di lavoro la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione a loro carico, cioè il 9,19% di regola, anziché destinarla al finanziamento della pensione.

Il dm spiega che il beneficio si applica a partire dalla prima decorrenza utile della pensione «Quota 103». Pertanto se il lavoratore matura 62 anni e 41 anni il 15 maggio 2023 l’incentivo decorre dal 1° settembre 2023, cioè decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti. Se, invece, la finestra si è già aperta l’incentivo decorre dal «primo giorno del mese successivo» a quello di esercizio della facoltà. La facoltà può essere esercitata una sola volta.

Ove ci siano i requisiti (cioè 62 anni e 41 anni di contributi entro il 31.12.2023) la domanda si può presentare anche successivamente al 31 dicembre 2023 purché non si sia ancora raggiunta l’età di vecchiaia (cioè 67 anni). Infatti il beneficio dura sino al raggiungimento del primo tra i seguenti requisiti:

  • Conseguimento di una pensione diretta (es. si cambia idea e si sceglie di pensionarsi con «quota 103» o con la «pensione anticipata»);
  • Raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia (67 anni), qui a prescindere (si badi) dall’andata in pensione;
  • Raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia inferiori a 67 anni se applicabili nella gestione pensionistica di riferimento (es. autoferrotranvieri).

Il conseguimento di una pensione ai superstiti, invece, è irrilevante.

Con la facoltà il lavoratore riceverà in busta paga la quota di contribuzione che il datore di lavoro trattiene in busta paga cioè, di regola, il 9,19% della retribuzione pensionabile. Nulla cambia per il datore di lavoro che dovrà continuare a versare all’Inps la quota di contribuzione a suo carico (di regola il 23,81%). Attenzione, l’opzione non è gratuita. Infatti:

  • Sulle somme aggiuntive incassate in busta si paga l’Irpef;
  • La pensione si impoverirà perché l’aliquota di computo sulle retribuzioni incassate dopo l’esercizio della facoltà verrà abbattuta dal 33% al 23,81% della retribuzione pensionabile.

E’ lecito aspettarsi, pertanto, che riscuoterà scarso appeal tra i lavoratori.

L’incentivo, stabilisce il dm, va coordinato con eventuali riduzioni del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti. In caso di riconoscimento di fiscalizzazione dei contributi, la misura, infatti, è erogata «al netto della quota parte di contributi a carico del lavoratore già oggetto di esonero». Pertanto nel 2023 se la busta paga mensile è superiore a 1.923€ ma non a 2.692€ l’incentivo non vale il 9,19% ma il 3,19% (7,19% sino al 30 giugno 2023); se non supera i 1.923€ vale il 2,19% (6,19% sino al 30 giugno 2023). Come noto, infatti, i contributi a carico dei dipendenti con retribuzione lorda fino a 2.692 euro mensili, cioè 35.000 annui sono sgravati nelle seguenti misure: 3% fino al 30 giugno e 7% da luglio a dicembre se la retribuzione non supera 1.923 euro mensili (25.000 annui); 2% fino al 30 giugno e 6% da luglio a dicembre se la retribuzione supera 1.923 ma non 2.692 euro.

L’opzione è liberamente revocabile e gli effetti (cioè il ripristino dell’ordinaria contribuzione) decorreranno dal primo mese di paga successivo alla revoca stessa.

Per la presentazione delle domande sarà necessario rivolgersi all’Inps tramite istruzioni di prossima pubblicazione. Una volta presentata la domanda l’Istituto certificherà al lavoratore il possesso dei requisiti dandone comunicazione al datore di lavoro entro 30 giorni dalla richiesta. Acquisita la certificazione il datore di lavoro attuerà lo sgravio in busta paga e procederà all’eventuale recupero, tramite conguaglio, delle contribuzioni pensionistiche già versate.